Visitando una chiesa, sperduta nel verde.

visitando una chiesa, sperduta nel verde.

Dovemmo scarpinare un bel po’ per raggiungere quel monastero posto quasi in cima alla collina.

La “guida del Touring” ne parlava come di una costruzione molto antica, forse già del settimo-ottavo secolo d.C., anche se aggiungeva: “non ne rimane che una chiesa un po’ malandata”.

La gente del luogo non sapeva darci grandi informazioni, non ne sapeva nulla, se non che su quella collina abitava un vecchio, forse un frate; vi conduceva vita ritirata e, accanto sì, ci doveva essere una chiesa un po’ diroccata.

Entrammo;  era una Chiesa piccola, bisognosa di molti restauri; non mancava un certo odore di muffa; ma aveva molto fascino e ci colpì il fatto che pur molto piccola fosse a tre navate, con solo quattro colonne.

“Questa non è una Chiesa come tante…, – disse fratel Egidio – bisogna conoscerne la storia!.

Le colonne per esempio…  Sono una catechesi vivente!

1 colonna

colonna parolaVenite, venite; osservate questa, alla destra dell’altare”.

La toccò con delicatezza, poi con le nocche della mano destra bussò sul tronco: “ Sentite, è di legno; guardate il capitello: sembra un albero frondoso”.»

«La vollero come simbolo della parola di Dio, che è un albero dove ognuno può trovare ristoro; un albero lussureggiante; basta saper creare un po’ di silenzio,  basta fermarsi in contemplazione… e subito la mente sente pace e freschezza ed è pronta a produrre mille frutti diversi”.

 

 

 

 

colonna preghiera

2 colonna

“Questa,-si era spostato qualche passo a  sinistra dell’altare – questa,  ripeté,  è invece di silicio!

Si inchinò sino a terra, estrasse un sasso dalla tasca, lo sfregò contro la base: “Vedete fa ancora scintille; è infatti una colonna di pietra focaia. Ecco perché il capitello sembra avvolgerla in un insieme di fiamme.

L’hanno voluta come simbolo della preghiera, capace di infiammare il cuore degli uomini quando vi si applicano;  capace soprattutto di infiammare il cuore di Dio che brucia d’amore per noi, se solo ci apriamo a Lui”.

3 colonna

colonna caritàCi invitò a indietreggiare qualche passo, verso la seconda colonna di sinistra; era, a nostro modo di vedere, indubbiamente la più bella: il marmo era ricoperto con mille intarsi di mille colori; un vero mosaico; la colonna non saliva dritta come le altre; era  come se fossero quattro colonne che si attorcigliavano…

“Peccato – mi azzardai a dire – quel pezzo là in alto  un po’ rovinato!” (Vi era una macchia in alto senza mosaici).

“No, no – si infervorò fratel Egidio – non dica così; questa è la colonna della carità; guardi le singole tessere;  non sono tessere di mosaico; sono cocci, fondi di bottiglia, pezzi di scarto; tutta roba che gli uomini buttano; la carità li prende tra le sue mani d’artista e con un po’ di luce  li trasforma…

Quel pezzo scrostato è un “non finito” come usano spesso gli artisti anche moderni, perché manca sempre qualcosa alla carità!

 

 

4 colonna

colonna eucarestiaL’ultima colonna era di alabastro; il capitello era lavorato come un vitigno; sugli angoli, la figura di pellicani che nutrivano i loro piccoli.

“Questa è una colonna speciale, ancora viva !

Vedete già da soli come essa ci indichi l’Eucaristia; lo dicono i simboli della vite e del pellicano; ma vi dicevo che è una colonna viva!”.

Mentre parlava, era andato verso un piccolo altare laterale a prendere un cero. Lo fece passare dietro la colonna, più volte, su e giù; gli occhi gli si illuminarono (ma forse era l’effetto della candela!).

“Vedete, vedete  – continuava – con un po’ di fuoco questa colonna sembra stillare miele” (effettivamente le trasparenze di questa pietra retro-illuminata, sembravano del miele che stava colando); avvicinò ancor più la candela alla colonna: “Vedete con un po’ di luce questa colonna diventa fuoco!

…Ah! L’eucaristia che grande dono, che grande dono!

Ci vuole la forza della Carità, ci vogliono la luce della Parola, e il fuoco della Preghiera per gustarla…

Questa è davvero la colonna più preziosa!

 

Dopo qualche minuto di silenzio, dovuto un po’ al rispetto, un po’ all’imbarazzo di fronte a tanto entusiasmo e a tanta bellezza, mi permisi:

“Ma, perché questi nastri colorati, che sembrano per giunta stonare un po’?”.

“Non guardate solo con gli occhi della vuota estetica! Entrate nel mondo dei simboli!

È la parola che tiene viva la chiesa, la mantiene in una continua primavera” – disse segnalando il nastro verde

“E’ il fuoco della carità che la costruisce” e indicava il nastro rosso.

“È la preghiera che ci apre uno squarcio di cielo”, aggiunse indicando il nastro azzurro.

“Oro, oro purissimo è l’Eucaristia: Dio stesso che viene in me!” sospirò mostrandoci il nastro dorato.

(dal racconto-guida per la catechesi dei ragazzi – anno 2008-09)

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