Relazione delle parrocchie di Ognissanti e Santi Monica e Agostino

Visita pastorale 2017

Non risulta particolarmente complesso tracciare una fotografia delle nostre comunità, non perché non esistano realtà complesse e difficili da decifrare ma semplicemente perché in questi anni molti degli sforzi della riflessione del Consiglio pastorale si sono basati proprio sul dare una “struttura chiarificatrice” e semplice del “camminare” come Chiesa.

Senza dilungarci più di tanto sulla storia, possiamo certamente descrivere le nostre due comunità come comunità “nuove” cioè con tutte le fragilità che presenta la realtà dell’oggi e con pochi sostegni che provengono dalla tradizione del passato.

Infatti è facile parlare della storia di Valleambrosia come di un insieme di qualche cascina che ha sempre fatto riferimento altrove e che si allarga negli anni 70,  con l’arrivo di qualche ditta e di qualche casa e si fa paese in forza di uno sviluppo, senza grandi prospettive urbanistiche degli anni 80 90.

Quanto a Quinto ha indubbiamente una storia di paese antica (di cui la chiesetta di San Fermo è una prova); ma vale anche per questa comunità quanto detto poco sopra: nei anni ’70 assistiamo a un improvviso allargamento e in qualche modo ripartenza, forse con qualche prospettiva di “cura” maggiore per la struttura paese (servizi religiosi e civili) più organica rispetto a Valleambrosia.

Si può parlare dunque di due comunità abbastanza affini, segnate dai problemi della periferia, seppur ora in una fase di “raffinamento” urbano: più cura degli spazi pubblici; meno interferenza di infrastrutture artigiane e industriali (con riflessi anche negativi sull’aspetto del lavoro); insediamento di grandi centri commerciali.

Nel 2008, poco dopo aver terminato la costruzione di tutto il nuovo centro parrocchiale di Valleambrosia le due comunità vengono unite senza grandi motivi sociali, ma semplicemente per la diminuzione del clero.

È l’occasione per una ripartenza, già peraltro sperimentata e iniziata nel decennio precedente, che rispetti il volto nuovo assunto, ormai, da queste parrocchie.

Possiamo descriver queste comunità come realtà giovanili, piuttosto fragili per i problemi sociali attuali e forse ancor più acuti nei decenni passati; senza grandi pesi della tradizione; un po’ spaesate per la mancanza di una storia .comune; disponibili tuttavia ad un cammino di rinnovamento e di unificazione ecclesiale, come dimostrato nel lavoro di questi anni.

 

I quattro pilastri

Crediamo di potere descrivere tutto questo più chiaramente, cercando di enucleare come vengano vissuti, nelle nostre comunità, i quattro pilastri della vita cristiana; un riferimento che si è fatto costante in questi nostri anni di cammino.

  1. Ascolto della Parola

1.1. Grande attenzione si pone al catechismo dei ragazzi; nel corso di quattro anni si insegna un approccio alla Parola di Dio che, da conoscenza della persona di Gesù si faccia capacità di gustarla e di trasformarla in preghiera.

1.2. La cura della parrocchia non diminuisce dopo l’iniziazione cristiana, ma con esiti indubbiamente più incerti; resiste il consueto gruppo medie, seppure molto ridimensionato rispetto a quanti hanno chiesto i sacramenti; in esso si continua  questa conoscenza e approfondimento della Parola.
Più difficile radunare gli adolescenti-post medie per un lavoro preciso di ascolto e formazione.
Ci viene in soccorso l’attività dell’oratorio estivo dove la proposta trova più spazio e tranquillità, ma dove si intravvedono in questi ragazzi chiusure riguardo tutto ciò che sa di cristiano, a tratti quasi innaturali e dunque, probabilmente innescate da altre agenzie (magari educative).
Per quanto riguarda i giovani e in parte anche gli adolescenti permane la confusione della pastorale giovanile diocesana che non consente per parrocchie con piccoli numeri la possibilità di far qualcosa nella propria comunità, né di trovare accoglienza adeguata nelle comunità dove è presente il sacerdote per la pastorale giovanile.

3.1. Seppur non mancano proposte e un’attenzione diretta ai genitori dei ragazzi dell’iniziazione cristiana si trova, per ora, poco riscontro.

  1. 1. Per quanto riguarda gli adulti è pressoché impossibile proporre una catechesi tradizionale e si è optato per due cicli annuali (di tre domeniche ciascuno) di catechesi proposti immediatamente dopo ogni messa domenicale. Un’occasione colta da un centinaio di persone e un’opportunità di dialogo su grandi temi cristiani.
  2. 1. Pur in un tempo di grave trascuratezza della liturgia siamo convinti che essa sia uno tra i pochi doni e opportunità di degustazione della Parola di Dio; viene pertanto curata l’omelia domenicale e vengono proposte durante l’anno almeno due celebrazioni penitenziali dove la cura della Parola è molto alta. Ne parleremo anche dopo.
  3. 1. Altre occasioni di annuncio della Parola sono indubbiamente la preparazione dei genitori del battesimo, la visita ai malati…

 

  1. La preghiera

2.1. Non ci sono grandi spazi precisi per vivere insieme questa realtà, se si eccettuano le celebrazioni e il catechismo; riteniamo tuttavia che le nostre, siano comunità che sanno pregare.
In verità, in collaborazione con le altre parrocchie della città non mancano alcuni momenti durante l’anno per incontri di preghiera: all’ inizio avvento c’è una serata, pensata e “costruita” con i fedeli delle diverse parrocchie; all’inizio di Quaresima ci sono tre sere di esercizi ; anche questo momento è curato e preparato con i laici e vede una partecipazione numerosa in un clima di preghiera curato e profondo.
Un terzo momento di preghiera con la città è la serata del “Corpus Domini” percepita in termini più tradizionali.

2.2. Nel percorso con i ragazzi dell’iniziazione cristiana e con le medie, proponiamo nella prima settimana di avvento e nella prima settimana di Quaresima l’iniziativa del “deserto”, un momento di preghiera giornaliero indirizzato a preparare le grandi celebrazioni del Natale e della Pasqua.

2.3. Con i ragazzi c’è sempre un’attenzione grande al momento del “entrare in preghiera” che ci pare dia grandi frutti e consenta loro davvero di gustare questo aspetto della vita cristiana.

2.4. Da molti anni si è fatta in entrambe le parrocchie la scelta di mantenere le chiese aperte tutto il giorno (senza chiusura a mezzogiorno) e ci pare che non manchino quanti ne approfittano per una preghiera personale che si fa spesso preghiera alla ricerca di una consolazione.

2.5. Nella visita ai malati c’è sempre una ricaduta di questa nostra preghiera insieme portando loro i sussidi preparati per l’occasione.

 

  1. Vita liturgica e sacramentale

3.1. Con energie e competenze abbastanza limitate numericamente, si pone tuttavia molta cura e attenzione nel celebrare l’eucarestia domenicale che, a parte qualche difetto tradizionale, è sempre un momento di preghiera e incontro profondi.

3.2. Richiede più fatica la celebrazione dei sacramenti dell’iniziazione cristiana; è sempre molto bella la preghiera dei ragazzi e dei genitori che vi partecipano, ma non tutti gli invitati che in quell’occasione si riuniscono, raccolgono l’opportunità di un momento di preghiera e talvolta creano qualche disturbo.

3.3. La consuetudine di quasi tutti i parrocchiani di celebrare le esequie in chiesa, non sempre si traduce in un momento di preghiera autentica e risente di cattive abitudini esterne che portano a confondere la liturgia con la commemorazione sentimentale del caro defunto.

3.4. Caratteristica delle nostre parrocchie è aver trasformato in momenti di autentica formazione e di gioia celebrativa alcuni momenti dell’anno: la veglia pasquale; le celebrazioni penitenziali; e per quanto riguarda la preghiera, anche gli incontri di città, di cui sopra.

3.5. Anche per i ragazzi i momenti celebrativi sono curati e il momento della confessione si fa sempre momento di “celebrazione comunitaria”. Il catechismo prevede come momenti portanti le grandi celebrazioni dell’anno liturgico.

 

  1. Carità

4.1. E’ sicuramente il tema meno strutturato nella vita delle nostre parrocchie che pure sono caratterizzate nella loro storia da un’attenzione caritativa marcata: si pensi per Valle alla permanenza di preti lavoratori che hanno lasciato una attenzione al sociale e ai bisogni della persona visibile ancor oggi; si pensi alle molte iniziative caritative nate a Quinto; per citarne due: casa Betania, poi trasferita Ponte Sesto e il gruppo “Samaritani” ancora attivo.

4.2. Grazie a questi doni del passato, è percepibile in tante persone un’attenzione spicciola e concreta verso le situazioni di povertà o di disagio sociale, pur permanendo, nell’insieme, quel “clima di città” dove l’anonimato e il conseguente disinteresse non mancano.

4.3. A fronte di queste belle iniziative si stanno anche molti bisogni e problemi che esigerebbero ben altro lavoro, anche strutturale. Noi, onestamente, stiamo pensando e cercando , ma non abbiamo soluzioni ancora pronte.

4.4. Quanto alla carità intesa come comunione fraterna, ci piace segnalare i passi compiuti nella collaborazione tra le due parrocchie che hanno dovuto affrontare un salto di qualità non piccolo. per ulteriori particolari, vedi introduzione.

Da due comunità assolutamente distinte, al punto che a Valle si era appena costruito un centro parrocchiale nuovo, (forse con poca avvedutezza); abituati alla presenza di due preti a Quinto e uno a Valle, fino a pochi anni prima, si è giunti di colpo (nel 2008) ad avere due comunità con un prete solo e con l’urgenza dunque di un avvicinamento e di una collaborazione inevitabili, ma non certo senza disagi.
Indubbiamente l’arrivo di due religiose ha ridato l’anno dopo (2009) la possibilità di un riassestamento più logico nel condurre a compimento e unità la proposta avviata.

4.5. Ci sia concesso al riguardo di riconoscere l’apporto in questa direzione data dai due cori che progressivamente hanno proposto una collaborazione nelle due parrocchie, pur rimanendo legati al servizio nella propria, e l’apporto dato dai nostri ragazzi, che costretti dalla necessità (impossibilità di tenere aperti due oratori; impossibilità di proporre più di un orario di catechismo per parrocchia) sono diventati le avanguardie di questo processo.

 

Cosa ci aspetta? Problemi e prospettive

 

  1. Problemi.

Oltre a quelli legati alla vita quotidiana, alla mancanza di lavoro, al degrado del tessuto familiare e via dicendo, comuni supponiamo alle altre parrocchie del nostro decanato, ci permettiamo di sottolinearne alcuni del tutto nostri:

 

  1. Esiguità dei collaboratori parrocchiali (vedi per esempio il numero delle catechiste)
  2. scarsità di risorse con poca attenzione da parte della diocesi;
  3. strutture parrocchiali bisognose di grandi interventi o costruite non proprio a “regola d’arte” che richiedono interventi economici robusti cui non sappiamo fare fronte, oltre che un grosso dispendio di energie nel venire monitorate.

Andrebbe forse notato anche come la scelta delle “Comunità parrocchiali” marginalizza un po’ le comunità periferiche più piccole; inoltre in questo decennio passato le proposte di decanato hanno, troppe volte, deluso i partecipanti.

 

  1. Prospettive

Come emerge dalla descrizione di cui sopra, la grande prospettiva delle nostre parrocchie è consentire che una certa continuità delle proposte in atto, maturi un consolidamento di queste comunità “nuove”, seppur non senza qualche radice che consenta loro di strutturarsi di più senza perdere freschezza nella proposta cristiana.

 

Conclusione

Quanto detto qui può essere riassunto dicendo:

– Siamo comunità fragili (e forse snelle) per quanto riguarda le strutture tradizionali della vita parrocchiale,

– è in atto uno sforzo per dare consistenza strutturale alla vita parrocchiale.

Siamo comunità dove non manca un nucleo di cristiani che, sia pure coi propri limiti, fa “passi in avanti”;
comunità ormai convinte che un certo ordine si è conquistato e che “dietro non si torna”;
comunità consapevoli che  l’ “andare avanti” “non è così brutto”.

 

 

Rozzano 3 novembre 2016

Il parroco

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